C’era una volta la bancarella defilata in qualche quartiere di pessima reputazione, che sarebbe piaciuto a De André.
Dove con molta cautela, tra lozioni dopobarba, bustine di preservativi, flaconi di talco e prodotti farmaceutici, ti vendevano il filmino hard superotto o qualche rudimentale fallo in plastica, per lo più sommariamente fasciato in carta di giornale.
Subito dopo conveniva allontanarsi alla svelta (“la Finanza, la Finanza!”).
Di scontrino fiscale nemmeno a parlarne. In quei tempi eroici e pioneristici prevaleva il gusto del proibito, grazie al clima di peccaminosa clandestinità che circondava la frettolosa compravendita.
Gli edicolanti più audaci esponevano giornaletti sigillati, ricchi di immagini di donne in calze a rete, tacchi a spillo e (trasgressione estrema!) lingerie nera.
A volte, per rendere il tutto più accattivante, le modelle apparivano discinte, ma subivano la censura di quelle tremende barrette nere stampate sui punti cruciali, croce e delizia della nostre prime ansie puberali.
Quando stava per entrare in distribuzione un film o un libro troppo osé, il pudore degli italiani era tutelato dall’imperterrito Pretore di Lodi, che implacabilmente sequestrava il materiale, e il provvedimento vigeva in tutto il territorio nazionale.
Al punto che, una volta rimesso in circolazione il volume o la pellicola, quel sequestro diventava nel tempo quasi un marchio di garanzia.
Ma quando sono nati?
I primi Sexy Shop veri e propri risalgono agli anni Settanta.Anzi, per la precisione, pare che la prima rivendita ufficiale sorta in Italia sia quella di Busche (Cesio maggiore), aperta nell’aprile del 1969. Negli anni Settanta e Ottanta i punti vendita erano per lo più ubicati in luoghi meno infami, ma ancora prudentemente defilati rispetto al grande traffico di auto e pedoni. Per confondere un po’ le idee, non si sa mai, le pubblicazioni più estreme erano abilmente mescolate ad altre, più innocenti e soft. Spesso, discretamente celato da una tenda, c’era poi un locale a parte, dove oggettistica e videocassette offrivano finalmente una scelta più ampia e libera.
E’ comunque a partire dagli anni Novanta che il Sexy Shop emerge ufficialmente come categoria commerciale, con piena dignità di negozio: insegna, vetrina, banchi, scaffali. E commessi professionali e disponibili, in grado di orientare il cliente in base a gusti e preferenze. Tra il ’92 e il 2000, il numero di questi esercizi balza in Italia da 40 a 293.
Massima concentrazione a Milano, ma vasta distribuzione in tutta la Penisola, dal cattolicissimo Veneto Bianco alla Sicilia.
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